Sebbene le misure di gestione di base delle vie aeree non debbano mai essere rimandate, i soccorritori preospedalieri si trovano spesso di fronte al dilemma se trattare subito oppure rimandare la gestione avanzata delle vie aeree fino all’arrivo in un dipartimento di emergenza (DEA). Pertanto, tutti quei fattori predittivi di una via aerea difficile che si è abituati a valutare devono essere inseriti in un algoritmo decisionale più complicato che includa anche la domanda: “Il paziente necessita di una gestione avanzata delle vie aeree proprio in questo momento?”
Rispondere a questa domanda può significare non dover affrontare un deterioramento di una via aerea durante il trasporto su un’ambulanza in movimento. Alcuni pazienti, come quelli con lesioni da inalazione o anafilassi, possono avere maggiori possibilità se gestiti precocemente in modo aggressivo, quando hanno più riserve e/o prima che il loro processo patologico progredisca. Dati questi fattori, la decisione di intraprendere una gestione invasiva delle vie aeree in ambito preospedaliero è complessa.
Quando conviene “aspettare” a gestire le vie aeree in modo avanzato? Questa domanda risulta particolarmente importante in ambito extraospedaliero. Esaminiamo i due casi seguenti, ciascuno con un tempo di trasporto previsto di 10 minuti verso l’ospedale appropriato: 1) Un uomo di 40 anni, 80 kg di peso, collassato all’improvviso, con una emiparesi sinistra di nuova insorgenza, GCS 6, ipertensione marcata, nessun riflesso di deglutizione, pattern respiratorio normale con SatO2 99%, EtCO2 di 40 e una anamnesi di spondilite anchilosante grave; 2) Un uomo di 40 anni e 80 kg di peso salvato da un incendio domestico, che si presenta con stridor, SatO2 70% nonostante la ventilazione in maschera con pallone e ossigeno ed evidenti ustioni alle vie aeree superiori.
Entrambi i pazienti presentano chiare indicazioni ad una protezione delle vie aeree, ma il processo decisionale riguardante la loro gestione extraospedaliera risulta sostanzialmente diverso.
Nel primo caso, se il paziente non peggiora ulteriormente, la valutazione dei pro e contro connessi all’intubazione può suggerire l’opportunità di rimandarla all’arrivo in PS, dove può essere eseguita con tranquillità una RSI in ambiente protetto, con la disponibilità di presidi e risorse per la gestione delle vie aeree difficili e fallite. Inoltre, in ambito intraospedaliero, sono disponibili opzioni di gestione alternativa delle vie aeree (come le tecniche “awake”) per le situazioni previste “difficili”. In questo caso, la difficoltà è correlata a una condizione cronica, che è improbabile diventi più difficile ritardando di 10 minuti l’intubazione. L’ossigenazione e la ventilazione sono adeguate e, sebbene il paziente sia chiaramente a rischio di inalazione, questo è un rischio potenziale, che va bilanciato con i rischi reali correlati ad una intubazione difficile o fallita. Avere la capacità di eseguire una procedura, soprattutto per prevenire una complicanza che può verificarsi o meno, non sempre equivale alla necessità di dover eseguire la procedura. I sanitari devono diffidare dalla tentazione che li porta in genere ad eseguire una procedura di cui sono competenti, più spesso di quanto sia richiesto o necessario. In effetti, c’è una crescente evidenza che in determinate situazioni, l’intubazione preospedaliera potrebbe non migliorare la prognosi o addirittura aggravarla (vedi ad esempio: Cudnik MT, Newgard CD, Daya M, et al. The impact of rapid sequence intubation on trauma patient mortality in attempted prehospital intubation. J Emerg Med. 2010;38(2):175–181; oppure Wang HE, Balasubramani GK, Cook LJ, et al. Out-of-hospital endotracheal intubation experience and patient outcomes. Ann Emerg Med. 2010;55(6):527.e526–537.e526.)
Nel secondo caso, il soccorritore è costretto a gestire attivamente le vie aeree nonostante la previsione di una laringoscopia difficile. Anche un breve ritardo, come un trasporto di 10 minuti, può provocare un ulteriore deterioramento e danno ipossico, con maggior rischio per il paziente e rendendo progressivamente più difficile l’intubazione. Se il soccorritore è abilitato ad eseguire la gestione delle vie aeree farmacologicamente assistita (MFAM), la decisione di intubare qui è netta, sulla base del concetto di essere “costretti ad agire”. Anche l’opzione di un accesso chirurgico alle vie aeree deve essere tra le “armi” a disposizione del soccorritore.
E’ quindi evidente che sia la natura che la “stabilità” di una via aerea difficile diventano fattori chiave nella decisione “intubare VS trasportare”. Questi esempi caratterizzano chiaramente il concetto di “gestione delle vie aeree contesto- sensibile”.